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Wagashi

  • Cibo

Come tutti ben sappiamo ho un serio problema con la cultura nipponica. Una fissazione potremmo dire, in particolar modo per l’intero ambito culinario. E come alimentare (lol pun intended) una passione del genere se non con eventi tematici all’interno di un ristorante che è anche locale e che è pure concept store giapponese nella vicina e comoda Milano? È così che nel lontano 2019 (aspetta in che senso sono passati già tre anni) ho iniziato a frequentare Tenoha, il mio fido fornitore di eventi cool in cui “cool” è da leggersi come abbreviazione di “coolturali”.

Era fine ottobre quando il mio occhio è stato attratto dall’annuncio color pastello più appetitoso di tutto l’internet.

Così piccoli, così armoniosi, così delicati… dovevo assolutamente scoprire cosa fossero. In quattro e quattr’otto mi sono iscritta al workshop, trascinando con me mio papà, due amiche e la madre di una delle due. D’altronde, la cultura va diffusa, no? E allora diffondiamola.

Per chi non lo sapesse, e al tempo neanch’io n’ero a conoscenza, Toraya è una pasticceria, fondata a Kyoto nel sedicesimo secolo, tra le più famose per l’arte giapponese di confezionare dolci “wagashi” (和菓子), tipici della tradizione del paese e preparati con ingredienti naturali. Tipicamente d’accompagnamento a una calda tazza di tè verde, spesso i wagashi hanno tra gli ingredienti principali la farina di riso e l’anko, ovvero la confettura di fagioli. Il primo che dice “bleah” va fuori dalla classe.

Non credo sia necessario dire che è stato amore a prima vista. Stupendi, complicatissimi ma al contempo così semplici nelle loro forme, che quasi sempre richiamano quelle della natura, e alla fine dei conti anche molto buoni, sapevo non sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo incontrati.

Minaccia o promessa (è ancora da capire) così è stato. Due anni dopo, che sembrano tanti ma se consideriamo di mezzo la pandemia sono un tempo ragionevole, ho trovato il banchetto di una dolce signora giapponese che vendeva wagashi di ogni tipo. Memore del mio grande amore finora non corrisposto del dolcetto a forma di riccio di castagna, che mi avevano detto sapere anche di castagne, ne ho subito comprato uno. Vista la stagione e per non farlo sentire solo, ho acquistato anche una foglia dai brillanti colori autunnali.

Era solo una questione di tempo, e ingredienti, prima che mi cimentassi nella creazione di una di queste piccole opere d’arte, con problema principale il mio voler ottenere la confettura di fagioli direttamente dai fagioli, e non, come tutti fanno, dal barattolo pronto del supermercato. Già un esperimento mezzo fallito nel maggio del 2020, questa volta ho optato per una ricetta più semplice che mi ha permesso di ottenere ciò che desideravo senza troppo lavoro. Anche se setacciare fagiolo per fagiolo così da avere una purea ha impiegato il suo bel tempo… ma questa è un’altra storia.

È così quindi che ho creato quel… fiore rosa? Che prima di assumere queste somiglianze ha dovuto attraversare un paio di evoluzioni come i Pokémon, e un fiore di ortensia, pianta caratteristica dell’estate in Giappone, che gli hater e i meno fantasiosi definiranno “una palla blu a cubetti gelatinosi”.

È innegabile, fare wagashi a casa è un lavoro lungo e difficile, ma il risultato soddisfa occhio e palato. E per me, è l’unica cosa che conta.