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Merenda in yukata

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Poche sono le cose che potrebbero farmi uscire di casa in un’afosa domenica di luglio, ma un evento dal nome “Merenda in yukata” è certamente una di queste. Scovato su Instagram spulciando tra i miei account preferiti, ho subito radunato altre tre persone e ci siamo iscritte in fretta e furia nel timore che si esaurissero i posti disponibili. Timore del tutto ragionevole, se non fosse che siamo a metà luglio e gran parte della gente è già in vacanza. E in effetti c’era poco da temere: una volta giunte al Parco della Trucca, alle porte di Bergamo, eravamo solo noi quattro.

Ad accoglierci Lucilla e Mai, le organizzatrici dell’evento, che si erano già sistemate accanto a un tavolo da picnic all’ombra di un albero. Sul tavolo, tre thermos contenenti tè freddo erano pronti a dar via alla merenda. Ho potuto assaggiare per la prima volta il mugicha (麦茶), dal sapore tostato simile al mio adorato genmaicha (玄米茶), ma derivato da un cereale diverso, l’orzo. A quanto pare è un classico da bere freddo d’estate in Giappone.

Dopo una breve presentazione, hanno consegnato a ciascuna di noi un mini zine. Un mini cosa? Permettetemi di spiegare: zine è l’abbreviazione di magazine e di conseguenza si legge più o meno come lo leggeremmo in italiano, con una zeta un po’ più dolce. Quindi… una piccola rivista? Esattamente. Grande quanto un ottavo di foglio A4, può essere stampato su un’unica faccia del foglio e, seguendo un preciso ordine di piegatura, si viene a creare un piccolo libricino, come fosse un origami. Fatta eccezione per il foglio rettangolare e il fatto che si debba praticare un taglio, ma mica siamo qui a fare i pignoli.

All’interno dello zine, tutte le informazioni necessarie per il pomeriggio: il programma dell’evento, un piccolo vocabolario giapponese con le espressioni più usate, dei brevi accenni di storia e le differenze principali tra kimono e yukata. Tutto in pratico formato tascabile. Adorabile.

Indovinate chi mai avrà già mangiato il suo mochi

Mentre ci raccontavano e spiegavano le informazioni contenute nello zine, ci hanno servito la merenda: un senbei, sfiziosi cracker di riso che possono essere sia dolci che salati, un mochi al taro, un particolare tipo di tubero asiatico, e una caramellina allo yuzu, l’agrume giapponese per eccellenza. E dato che non si può chiamare merenda se non viene fatta per bene, avevo portato da casa anche una confezione di taiyaki, dolcini morbidi a forma di pesce farciti con marmellata ai fagioli rossi, nel caso la merenda non fosse già abbondante di suo.

Ad accompagnarmi per l’avventura, insieme a mamma Laura e la sua amica Barbara, la mia amichetta Giuliana, con me a qualsiasi evento giapponese da quattro anni a questa parte. Rispetto all’anno scorso, quando siamo andate da Tenoha e il momento della vestizione è stato quasi come una cerimonia, questa volta abbiamo potuto mettere mano e partecipare attivamente aiutando Mai a vestire una delle due persone. Ci ha spiegato tutto per filo e per segno, le linee da seguire, le pieghe a cui fare attenzione, e ora come ora mi sento di dire (un po’ pretenziosamente) che potrei anche essere capace di ripetere il procedimento da sola. Fiocco dell’obi a parte, per quello ci va un po’ più di studio.

Vestite due a due, abbiamo fatto un po’ di fotine nel parco. Offro qui, ora e pubblicamente le mie più sentite scuse alla mia mami, per aver dubitato delle sue capacità da fotografo. Le fotine che ha fatto, oltre ad essere uno splendido ricordo, sono anche bellissime.

Alla prossima avventura!