Titolo un po’ criptico, lo ammetto.
Ma permettetemi di raccontarvi una storia per chiarire ogni vostro dubbio.
La prima settimana di gennaio, nonostante l’incombente peso dei compiti non ancora iniziati (e per chi non se lo ricordasse, le scuole ricominciano appena possibile dopo l’Epifania), abbiamo deciso di ospitare a casa nostra due nostri amici liguri, dando loro una base d’appoggio per andare a visitare Milano, Monza e il suo Autodromo Nazionale.
La storia nasce e finisce qui, non c’è molto da raccontare: loro avevano da visitare delle città, io avevo da studiare Lev Tolstoj e tutti gli amici suoi.
La vera storia ha inizio la seconda e ultima sera, quando qualche malsano tra di noi (non ancora individuato, ma non appena avremo la certezza della sua identità si provvederà alla polverizzazione istantanea) ha proposto di giocare a Monopoly. Alle 9 di sera. Dopo che i due poveretti si erano sparati Milano, a piedi, dalle 8 del mattino.
Come ogni partita di Monopoly che si rispetti, giunti a mezzanotte in una situazione di stallo e con bottini rigonfiati in modo diversamente onesto, abbiamo giustamente deciso di chiudere la partita. Avevamo tutti sonno, no?
No.
Una volta saliti per andare a dormire, abbiamo iniziato un nuovo, magico gioco, dalle regole molto semplici: una parola a testa, si inventa una storia.
Dopo le classiche e banali storie che iniziano con “C’era una volta…”, il nostro amico Gabriele ha iniziato la storia con “Si.”. Inizio particolare per una storia, in medias res per fare i classicisti pignoli, cosa starà mai succedendo perchè la storia inizi con questa affermazione? Così, parola per parola, è nata la storia che ha scatenato la mia furia artistica.
Vi presento “Si” disse intensamente la mucca camminando sul grattacielo Pirelli.
La prossima volta prometto di studiare prima, così ci spacchiamo di panzerotti da Luini, che ogni tanto fa bene.
Grazie Gabriele e Matteo, i fratelli minori (si fa per dire, siete due pertiche) più cool che (non) ho.